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Maggiori protezioni per i minori…approvato il nuovo art.414 bis. C.p. 19 settembre 2012

Posted by studiolegaleambrogio in Diritto Penale.
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Sì all’inserimento della parola “pedofilia” nel codice penale, ma no alla castrazione chimica. Si è conclusa così la votazione al Senato, dove è stato approvato di ddl che ratifica, dopo sei letture e a cinque anni di distanza dalla sua stesura, la  Convenzione per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, meglio nota come “Convenzione di Lanzarote“. L’ok alla Convenzione per la protezione dei minori è arrivato all’unanimità dall’aula di palazzo Madama, con 262 voti favorevoli.

Quasi altrettanto sonoro, invece, il no all’ordine del giorno presentato dall’ex ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli, della Lega Nord, che ha proposto la messa a norma di trattamenti di “blocco androgenico totale” – cioè di castrazione chimica – per i colpevoli di atti di maltrattamenti nei confronti dei minorenni. L’idea di modifica al ddl, va precisato, andava di pari passo con un percorso di riabilitazione per i pedofili: ma tutto ciò non è stato sufficiente a convincere i senatori, che hanno bocciato con ben 238 no la sortita del Carroccio.

Con l’adozione definitiva del nuovo testo, si segna una svolta storica nella storia del diritto italiano, con l’inserimento della parola “pedofilia” tra le disposizioni del Codice penale. A livello di giudizio, poi, vengono introdotte pene assai più severe per reati assimilabili all’associazione a delinquere finalizzata a comportamenti  a sfondo sessuale o, al tempo stesso, ai maltrattamenti famigliari o, ancora, alla prostituzione e alla pornografia minorile. 

Con l’introduzione del nuovo articolo 414 bis infatti l’”istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia” sarà punita con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni. Alla medesima pena sarà sottoposto anche chi “pubblicamente, fa apologia di questi delitti“. Non potranno essere invocate “a propria scusa, ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume“.

A ruota via libera del Senato, sono arrivati i primi, soddisfatti commenti, sia di esperti del diritto che di osservatori operativi sul campo della difesa dei minori. Ha esultato il blogger e responsabile giustizia Idv Luigi Li Gotti: “Diventa legge un provvedimento che pensa ai cittadini più deboli. Si prevedono aggravamenti di pena per i reati sessuali e la pedofilia e si introducono nuove fattispecie di reato, adeguando la nostra normativa ai nuovi fenomeni di adescamento via Internet; fenomeni particolarmente invasivi che espongono ancora di più alle insidie”.

Sulla stessa lunghezza d’onda la reazione dell’organizzazione a tutela dei minori Save the Children: “L’ Italia potrà finalmente avvalersi di uno strumento fondamentale di protezione e di contrasto – ha spiegato il direttore generale in Italia Valerio Neri – dai frequenti casi di abuso e sfruttamento sessuale che avvengono anche attraverso la rete“.

Cassazione II civile del 27 febbraio 2012, n. 2970 10 giugno 2012

Posted by studiolegaleambrogio in Cassazione Civile.
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Contratti,clausole vessatorie,sottoscrizione.

” L’adempimento della specifica approvazione per iscritto delle clausole vessatore può dirsi assolto soltanto quando le stesse siano oggetto di una approvazione separata, specifica ed autonoma, distinta dalla sottoscrizione delle altre condizioni dell’accordo; il requisito in parola assolve infatti al fine di richiamare l’attenzione del contraente debole verso il significato di quella determinata e specifica clausola a lui sfavorevole, sicché esso può reputarsi assolto soltanto quando la sottoscrizione avviene con modalità idonee a garantire tale attenzione”

 

Se il cane morde è responsabile penalmente chi lo ha in custodia e non il proprietario. 25 Maggio 2012

Posted by studiolegaleambrogio in Cassazione Penale.
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Corte di cassazione – Sezione IV penale – Sentenza 16 maggio 2012 n. 18814 16 maggio 2012

La Corte di Cassazione, sentenza 18814/2012, nell’affermare che  che l’obbligo di custodia grava su colui che custodisce il cane e non sul proprietario dello stesso, ha condannato a rispondere del morso di un cane di proprietà della suocera ad un ospite i padroni di casa cui era stato affidato l’animale, ai Giudici di Legittimità poco importa se il cane  è stato disturbato, mentre stava riposando sul divano, dall’ospite che avrebbe, in maniera inopinata,  provato ad accarezzarlo, determinando la violenta reazione.

La Corte di Cassazione, nel ribaltare la sentenza di primo grado emessa da Giudice di Pace che aveva  assolto la coppia perché l’obbligo del guinzaglio e della museruola sarebbe previsto soltanto nei luoghi aperti non in casa, ha condannato due coniugi  “in ragione della posizione di garanzia assunta, in quanto detentori dell’animale, avevano l’obbligo di assumere ogni possibile cautela idonea ad evitare e prevenire prevedibili aggressioni…Né l’obbligo di corretta custodia può ritenersi non sussistente sol perché il cane si trovava in casa”.

La presenza dell’ ospite “imponeva loro di controllare e custodire l’animale con la massima attenzione, proprio per evitare possibili reazioni dello stesso”.

 

 

Impugnabilità degli avvisi bonari. Cassazione Civ. n. 7344/2012 15 Maggio 2012

Posted by studiolegaleambrogio in Procedura esecutiva.
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Impugnabili gi avvisi bonari.

I giudici: possibile ricorrere contro comunicazioni con una pretesa tributaria.

Gli avvisi bonari possono essere impugnati dal contribuente. Questo perché portano a sua conoscenza «una pretesa impositiva compiuta». La Corte di cassazione, con la sentenza 7344 depositata l’11 maggio, rovescia l’impostazione fin qui osservata dell’agenzia delle Entrate per la quale, invece, gli avvisi bonari non sono atti impugnabili ma soltanto comunicazioni emesse in base all’articolo 36-bis, comma 3 del Dpr 600/73.

L’Agenzia, con risoluzione n. 110/E del 22 ottobre 2010, aveva chiarito, infatti, che gli avvisi bonari inviati al contribuente non contengono una pretesa tributaria definita, ma sono un semplice invito a fornire, in via preventiva, elementi chiarificatori delle anomalie riscontrate in sede di liquidazione automatizzata della dichiarazione e, dunque, non producono effetti negativi immediati per il destinatario. Nella prospettiva dell’amministrazione finanziaria questi atti manifestano una volontà impositiva ancora in itinere.

 Nella valutazione della Cassazione, però, resta il fatto che l’elencazione degli atti impugnabili davanti al giudice tributario (articolo 19 del decreto legislativo 546 del 1992) non esclude l’impugnabilità di altri atti purché «contenenti una compiuta e definita pretesa tributaria». Si riconosce perciò la facoltà di ricorrere al giudice tributario contro tutti quegli atti «dell’ente impositore che, con l’esplicazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che li sorreggono, portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento, si vesta della forma autoritativa propria di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’articolo 19 atteso l’indubbio sorgere in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione di quella notizia, dell’interesse a chiarire, con pronuncia idonea ad acquistare effetti non più modificabili, la sua posizione».

Dopo la riforma del 2001 quella tributaria è divenuta una giurisdizione a carattere generale, ampliando in via analogica la categoria degli atti impugnabili previsti dall’articolo 19 del decreto 546/92. La Cassazione quindi sancisce la «ricorribilità di provvedimenti davanti al giudice tributario ogni qual volta vi sia un collegamento tra atti dell’amministrazione e rapporto tributario, nel senso che tali provvedimenti devono essere idonei ad incidere sul rapporto tributario».
La decisione della sezione tributaria civile dovrà confrontarsi ora con la prassi amministrativa. Le impugnazioni delle decine di migliaia di avvisi di irregolarità emessi ogni anno rischiano di moltiplicare i ricorsi e di ingolfare ulteriormente la macchina della giustizia tributaria (si veda l’articolo sotto).

La stessa Cassazione fissa tuttavia qualche paletto precisando che l’eventuale «emissione della cartella di pagamento integra una pretesa tributaria nuova rispetto a quella originaria che sostituisce l’atto precedente e ne provoca la caducazione d’ufficio, con la conseguente carenza di interesse delle parti nel giudizio avente a oggetto il relativo rapporto sostanziale, venendo meno l’interesse a una decisione relativa a un atto – comunicazione di irregolarità – sulla cui base non possono essere più avanzate pretese tributarie di alcun genere, dovendosi avere riguardo unicamente alla cartella di pagamento che lo ha sostituito integralmente».

Prescrizione bollo auto. 8 Maggio 2012

Posted by studiolegaleambrogio in Procedura esecutiva.
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Prescrizione bollo auto di tre anni.

Termine di prescrizione del bollo auto: l’accertamento del mancato pagamento del bollo auto è possibile entro la fine del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento. Considerando l’anno di competenza, la prescrizione è di quattro anni.

In tema di bollo auto, “l’azione dell’Amministrazione finanziaria per il recupero delle tasse dovute dal 1° gennaio 1983 per effetto dell’iscrizione di veicoli o autoscafi nei pubblici registri e delle relative penalità si prescrive con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento” (art.5 del D.l. 953/82, così come modificato dall’art.3 del D.l. 2/86 convertito nella legge 60/86). Successivamente lo stesso articolo recita: “Nello stesso termine si prescrive il diritto del contribuente al rimborso delle tasse indebitamente corrisposte”. In estrema sintesi quindi il diritto di recupero della tassa di possesso è di tre anni sia per l’attività di accertamento che per quella di riscossione.

La scadenza del termine prescrizionale viene confermata da una serie di altri pronunciamenti giurisprudenziali che si sono avuti riguardo la stessa materia. In particolare, anche se l’elenco è da considerarsi non esaustivo:

• Sentenza 3658 del 28 febbraio 1997 (dep.28 aprile 1997) Corte di Cassazione, Sez. I Civ.;
• Sentenza 44 del 27 marzo 2007 Commissione Tributaria Provinciale di Taranto;
• Sentenza 137 del 20 ottobre 2005 Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
Come si ricorderà, la “tassa di circolazione”, una volta divenuta “tassa di possesso”, è diventata regionale dal 1993, per le sole Regioni a statuto ordinario, mentre per quelle a statuto speciale, è rimasta un tributo di tipo erariale.

Vanno in tale ottica attentamente considerati gli eventuali provvedimenti regionali di proroga o di condono che possono allungare il termine entro il quale è possibile esercitare il diritto di richiesta della tassa di possesso. A tal proposito si rileva il principio secondo il quale il raggiungimento della prescrizione dopo tre anni vieta alle Regioni di prorogare il termine con proprie leggi, cosi come confermato anche dalla I Sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza n. 3658/1997).

In tale ottica assume particolare rilevanza la Sentenza n. 311 del 2 ottobre 2003 (dep. il 15 ottobre 2003) della Corte Costituzionale la quale ha sancito che le Regioni non possono autonomamente e deliberatamente fissare proroghe ai termini di decadenza e prescrizione relativi alla riscossione del bollo. Il dispositivo emanato infatti, bocciando le leggi di proroga, dichiara che è costituzionalmente illegittimo l’art. 24, comma 2, della Legge Regione Campania 26 luglio 2002, n. 15, che ha stabilito la proroga al 31 dicembre 2003 del termine scadente il 31 dicembre 2002 per il recupero delle tasse automobilistiche spettanti alla Regione relativamente all’anno 1999.

La Corte infatti ha stabilito che “il legislatore statale, pur attribuendo alle Regioni ad autonomia ordinaria il gettito della tassa unitamente ad un limitato potere di variazione dell’importo originariamente stabilito, nonché l’attività amministrativa relativa alla riscossione ed al recupero della tassa stessa, non ha tuttavia fino ad ora sostanzialmente mutato gli altri elementi costitutivi della disciplina del tributo” che non può definirsi come tributo proprio della regione dal momento che la tassa è stata “attribuita” alle regioni, ma non “istituita” dalle stesse.

Atti interruttivi della prescrizione del bollo auto.

Nel calcolare esattamente se il termine prescrizionale sia stato rispettato, per esempio in caso di notifica di avviso di accertamento o cartella esattoriale, devono essere considerate tutte le eventuali precedenti notifiche interruttive (notifiche di solleciti, avvisi, etc.) e altresì le eventuali proroghe che potrebbero essere state decise a livello nazionale (normalmente da leggi finanziarie o decreti fiscali).
L’ultima legge che ha previsto proroghe e’ il decreto fiscale collegato alla finanziaria 2004 (art.37 legge 326/03) che ha disposto che tutte le prescrizioni (in materia di bollo) con scadenza tra il 25/11/03 e il 31/12/05 fossero prorogate a tale ultima data.

Occorre considerare che in tema di bollo auto,oltre all’avviso di accertamento, anche la cartella di pagamento deve essere notificata entro il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento.

Proprio in riferimento a quest’ultimo punto, occorre far presente che la notifica di un atto amministrativo (avviso di accertamento, cartella esattoriale o ingiunzione fiscale) seppur comporti l’interruzione dei termini di prescrizione – i quali comunque ricominciano dal giorno successivo – non ne determina la trasformazione nel più lungo termine decennale, come previsto dall’art.2953 cc.( si veda in tal senso la sentenza della Corte di Cassazione n.12263 del 25/05/2007).
Secondo la Suprema Corte, pertanto, la notifica di un avviso di liquidazione non fa altro che interrompere il precedente termine triennale, il quale ricomincerà nuovamente a decorrere dal giorno successivo (in pratica, dopo la notifica di un accertamento ricomincia un nuovo termine triennale).

Modalità di inoltro istanza di annullamento in autotutela.

Se il contribuente ritiene quindi l’avviso bonario, l’avviso di accertamento o la cartella esattoriale infondata, poiché il diritto di richiesta da parte della Regione di competenza non è stato esercitato nei termini, può presentare direttamente alla propria Regione, tramite raccomandata A.R., istanza di annullamento dell’atto stesso.

In caso di ricezione di un avviso di accertamento, ove l’Amministrazione regionale contesta l’omesso, l’insufficiente o il ritardato pagamento della tassa automobilistica, o di un avviso bonario, ossia di un invito al pagamento che se accolto evita un futuro invio di un avviso di accertamento, si può presentare istanza di autotutela entro 30 giorni dalla notifica.

In caso invece di ricezione di cartella esattoriale la presentazione dell’istanza in via di “autotutela” non interrompe il termine (60 giorni dalla data di notifica) entro il quale ricorrere alla Commissione Tributaria.
In caso di mancato pagamento, entro 60 gg. dalla notifica della cartella, il concessionario avvierà la riscossione coattiva.

 

Danno al bagaglio aereo. 6 Maggio 2012

Posted by studiolegaleambrogio in Diritto Civile.
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Danno al bagaglio aereo: la competenza del tribunale non è esclusiva

Giudice di Pace Livorno, sentenza 07.03.2012.

La sentenza del giudice di Pace in esame appare interessante in quanto decide su alcuni punti che sono ricorrenti, o addirittura costanti, nelle controversie fra viaggiatori e compagnie aeree.

Nel caso in esame una donna aveva citato davanti all’Ufficio del Giudice di Pace la compagnia, con la quale aveva effettuato un viaggio aereo, al fine di ottenere il risarcimento del danno arrecato, nella movimentazione in aeroporto, ai propri bagagli.

La difesa della compagnia aerea aveva contrastato la domanda essenzialmente su due punti, i quali sono stati decisi dalla sentenza in esame.

Il primo punto della difesa della compagnia era quello per cui, in base alla convenzione di Montreal del 1999, ratificata dall’Italia con Legge n. 12 del 2004, la competenza a decidere fosse del tribunale e non già dell’Ufficio del Giudice di Pace.

Il secondo punto della difesa era la carenza di legittimazione passiva della compagnia, la quale aveva stipulato un contratto di appalto per la movimentazione bagagli con una società di handling, unica che avrebbe avuto, pertanto, la legittimazione passiva.

La sentenza in esame smentisce i suddetti assunti della difesa della compagnia.

Relativamente al primo punto, quello della competenza, la sentenza in esame evidenzia che la suddetta Convenzione indica esclusivamente un criterio di giurisdizione, ossia stabilisce il collegamento fra il diritto del viaggiatore con una funzione specifica svolta da parte dello Stato, e che è quella giurisdizionale, ma non indica affatto il criterio di competenza, ossia quello relativo alla distribuzione delle controversie fra i vari organi giurisdizionali dei singoli Stati.

L’espressione “tribunel” indicata in detta Convenzione, e come poi è ripresa dall’art. 33 della Legge 10 gennaio 2004, n. 12 – così motiva il giudice ­ intende far riferimento semplicemente ad un organo che generalmente è paradigmatico della funzione giurisdizionale, ma non indica affatto un organo specifico.

Non indica un organo specifico – evidenzia il giudice – in quanto la suddetta Convenzione, con l’espressione “tribunale” non può ovviamente riferirsi a specifici organi interni degli Stati membri, e ciò in quanto si tratta ovviamente di Stati diversi, con organizzazioni giurisdizionali diverse, con nomenclature diverse.

La sentenza in esame stabilisce pertanto che, in forza dell’indicazione della Convenzione Internazionale di Montreal, la Legge 10 gennaio 2004, n. 12 e, in particolare l’art. 33, ha valore esclusivamente per stabilire che la questione del diritto del viaggiatore che ritiene il proprio bagaglio danneggiato deve essere risolta da un organo giurisdizionale, e che, una volta individuata la funzione giurisdizionale, la competenza è invece disciplinata dalle norme interne.

Il secondo punto è quello relativo alla responsabilità del vettore.

La sentenza evidenzia che l’art.1681 c.c. stabilisce la responsabilità diretta del vettore, ossia della compagnia aerea. L’eventuale contratto di appalto tra il vettore e la suddetta società non esclude in alcun modo, detta responsabilità.

Dimissioni per giusta causa. 5 Maggio 2012

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Si parla di dimissioni per giusta causa quando il lavoratore di fronte ad una grave inadempienza da parte del suo datore di lavoro, che gli rende impossibile la continuazione del rapporto di lavoro, si dimette senza l’obbligo di dare preavviso così come previsto da contratto.

Si considerano dimissioni per giusta causa quelle scaturite dalle seguenti condizioni e motivi:

  • mancato pagamento della retribuzione;
  • molestie sessuali sul posto di lavoro;
  • peggioramento delle mansioni lavorative;
  • mobbing;
  • trasferimento del lavoratore da una sede all’altra senza che sussistano ragioni tecniche, organizzative e produttive;
  • variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione aziendale;
  • comportamento ingiurioso da parte del superiore gerarchico nei confronti del dipendente.

Contrariamente alle dimissioni volontarie quelle per giusta causa comportano uno stato di disoccupazione non imputabile al lavoratore, per cui permettono allo stesso di richiedere ed usufruire se ne ha diritto dell’indennità di disoccupazione ordinaria.

Inoltre, al lavoratore dimissionario per giusta causa spetta l‘indennità sostitutiva del preavviso, come se fosse stato licenziato dal datore di lavoro.

Il lavoratore, per dimostrare all’Inps la giusta causa, al fine di ottenere la disoccupazione ordinaria, deve allegare alla domanda apposita documentazione da cui risulti la sua volontà di difendersi ricorrendo alla legge nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro (devono essere allegate diffide, esposti, denunce, citazioni, ricorsi d’urgenza, sentenze ed ogni altro documento idoneo contro il datore di lavoro).

Il lavoratore deve inoltre impegnarsi a comunicare l’esito della controversia giudiziale o extragiudiziale all’Inps. Nel caso in cui l’esito di questa dovesse escludere la ricorrenza della giusta causa di dimissioni, l’Inps procederà al recupero di quanto corrisposto al lavoratore come indennità di disoccupazione.

Cassazione: ammissibile l’intervento del figlio maggiorenne nei giudizi di separazione o divorzio. 5 Maggio 2012

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La sentenza del 19/03/2012 n. 4296 introduce una importante novità da un punto di vista processuale nei giudizi di separazione e divorzio, in relazione alla ammissibilità dell’intervento adesivo del figlio maggiorenne.

Il caso sottoposto al vaglio del Suprema Corte è quello di un giudizio di separazione personale di due coniugi nel quale si inseriva, con un atto di intervento autonomo, il figlio maggiorenne della coppia, il quale chiedeva che fosse disposto nei confronti del padre un contributo mensile, da versarsi o alla madre o direttamente a lui.

La Corte di Cassazione, nell’affrontare la questione della ammissibilità di tale intervento – sulla quale la giurisprudenza di merito ha da sempre registrato opinioni contrastanti – ha risolto in senso positivo, ritenendo che l’intervento in giudizio del figlio maggiorenne, economicamente dipendente e sotto certo aspetti assimilabile al minorenne, “assolve una funzione di ampliamento del contraddittorio, che peraltro consente al giudice di provvedere in merito all’entità e al versamento, anche in forma ripartita, del contributo al mantenimento”.

La Corte, peraltro, ha precisato che non osta all’intervento de quo la obiezione che l’art. 105 cpc esige che il diritto vantato dall’interveniente non sia limitato ad una generica comunanza con le pretese delle altre parti rispetto al bene materiale di cui si discute; la Corte, infatti, ha concluso che per ritenere ammissibile l’intervento del figlio maggiorenne è sufficiente il fatto che la sua domanda presenta comunque una connessione con quella delle altre parti del giudizio, in quanto tutte attengono al medesimo oggetto sostanziale, e ciò rende quanto meno opportuno un simultaneo processo, richiamando così un orientamento consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità (c.f.r. Cass. 27/6/2007 n. 18844).

Benvenuto 1 Maggio 2012

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Benvenuto nel blog ufficiale dello studio legale Ambrogio di Siracusa.